Attraverso ulteriori concorsi, prosegue la rigenerazione urbana – rigorosamente verde – nei luoghi della dismissione.
16dic2022

Attraverso ulteriori concorsi, prosegue la rigenerazione urbana – rigorosamente verde – nei luoghi della dismissione.

MILANO. L’incedere dell’agenda di rigenerazione urbana procede sempre più rapido, spinto dalle pressanti scadenze PNRR e dalle ormai non più così lontane Olimpiadi 2026. E allora Milano sciorina concorsi a gran ritmo, premiando proposte che, nel nome o nei fatti, si confrontano con il tema del bosco. Ad essere coinvolti sono nuovi distretti che si allargano a frammenti irrisolti di un tessuto punteggiato di aree dismesse le quali, una dopo l’altra, rientrano nella città viva, seguendo i nuovi mantra del disegno urbano contemporaneo: permeabilità, riuso adattivo e sostenibilità. Le trasformazioni urbane assumono a Milano più che altrove il carattere imperativo della deadline e si declinano, secondo le aspettative di giurie e commissioni in un’efficiente formula che unisce performance ambientale, economica, energetica a contenitori i quali, a livello formale, si rivelano figli della multiforme sperimentazione contemporanea. I progetti si condensano attorno a poli d'attrazione di un sistema capillare che via via s’infittisce, occupandosi di migliorare la qualità e il grado di accessibilità dello spazio pubblico. L’obiettivo generale pare configurarsi come l’esplosiva crescita di una Milano contemporanea dentro la Milano consolidata, in quelle periferie più a ridosso del centro.

È questo il caso dei due concorsi internazionali, banditi rispettivamente da ARIA – Regione Lombardia e dal Conservatorio di Milano con il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili Entrambe le aree sono oggetto di vaste trasformazioni avviate da tempo: Porta Garibaldi – Varesine, intervento emblematico dell’ultimo quindicennio, e quella di Rogoredo con i lavori per il nuovo quartiere Santa Giulia sul punto di ripartire.

In entrambi i concorsi veniva richiesto d’integrare l’impianto del costruito con un sistema di spazio aperto verde destinato alla comunità, con un attacco a terra permeabile e una modellazione del suolo orientata non solo ad una proposta socialmente inclusiva, ma anche ad una gestione ottimale delle risorse naturali. Questo requisito si pone alla base dell’agenda milanese mirata al graduale sovvertimento dell’ordine urbano costituito, in cui all’orizzontalità si contrappone puntualmente la verticalità e tra il grigio s’inserisce il verde, con esiti talvolta esoticamente stranianti, talvolta nettamente site specific.

 Il nuovo complesso per enti e società di Regione Lombardia seguirà un paradigma tutto milanese: edifici in rapporto diretto con il fronte stradale, verde e spazio aperto all’interno. Questo schema viene attualizzato nel confronto con il panorama più recente costituito da verticalità (una torre da 120 m), trasparenza e porosità.  L’esito sorprende non tanto per le facciate high tech o l’integrazione di serre nell’impianto compositivo da centro direzionale, quanto per l’ambiziosa operazione di ricucitura dello spazio pubblico urbano, qui ottenuta articolando su più livelli una sequenza verde ben più simile ad un parco per la città che al cortile interno di un complesso di uffici.